venerdì 12 ottobre 2012

Dentro e fuori...

Quello non era il mondo per come lo conosciamo adesso. A dire la verità quello non era decisamente il nostro mondo, non solo le luci e le ombre, gli odori, i colori apparivano differenti, ma si aveva la chiara percezione di immense sensazioni nascoste ai recettori fisici, eppure così presenti...
Era una condizione come onirica, nella quale non solo la parte reale esiste, ma quella irreale ha forse più peso ancora.
E al contrario di qualsiasi sua aspettativa, quel posto, immenso, vasto, pieno di alberi in penombra eppure sì luminosi, era tremendamente familiare.
Pensò che qualcosa familiare, specialmente in un luogo sconosciuto, doveva essere qualcosa che suscitava sensazioni positive, eppure il senso di nausea che lo permeava era così forte da fargli girare la testa.
Chiara appare la contrapposizione delle due realtà, quella 'vera' inifinitamente piacevole, fiabesca, chiara e profumata di foglie fresche e che riscalda lo sguardo contro quella 'irreale' che così tanto era nauseabonda, tossica.

Egli mosse qualche passo, non timido, in quel posto la timidezza era totalmente inutile, ma deciso, indirizzando il suo corpo e la sua mente sotto quell'altura con un unico albero fievolmente illuminato da misteriose luci...

Appariva così perfetto, eppure il disagio si impadroniva di lui più vi si avvicinava, senza tuttavia riuscire a farne a meno.

La distanza che lo separava dal frande albero, apparentemente una giovane quercia, era molto grande, ma si scoprì oltre la metà del percorso, allibito, si fermò immediatamente.

Fissò i suoi piedi, nudi, a contatto con le fresche e umide foglie, dispiacendosi per tutte quelle che aveva calpestato e probabilmente ucciso. L'erba invece era morbida e resistente e non si preoccupò di reincamminarsi approfittando del suo dolce manto. Eppure il disagio aumentava...

Tutto quel mondo era in attesa, lo osservava tacito e consapevole, persino le farfalle quasi invisibili nell'ombra, gli insetti, gli uccelli e tutte le creature restavano taciti ad osservare, silenziosi, Egli era quasi arrivato ai piedi dell'altura, così scelse accuratamente la direzione migliore per arrivare sino in vetta, pur accorgendosi che in realtà salire era più facile di quanto appariva, come un grande dono regalatogli da qualcuno di misteriosamente sottaciuto.

Finalmente intravedeva tra le erbe vivide e ordinate la chioma della quercia. Continuò a camminare fingendo di non badare al disagio che sempre più si impadroniva di lui, a quel senso di nausea che lo privava della possibilità di godere di tutto quel mondo fantastico e fiabesco.

Le creature sembravano quasi sparite eppure ombrose lo osservavano, con grande consapevolezza, Egli passo dopo passo, era sempre più vicino al suo traguardo....

Improvvisamente, feroce e bruciante come lo squarcio sulla carne provocato da un lesto e sfuggente spadaccino, lo vide.
Lì, adagiato sotto la quercia, ben riparato, dentro un cesto che forse era parte del sottobosco, c'era una creatura. Qualcuno l'avrebbe definito un'infante. Però non andava affatto bene.
Era di colore giallo pallido, produceva secrezioni viscide e puzzolenti, soffocandovi dentro senza poter evitare nulla del genere. L'urlo che Egli immagino non riuscì ad emetterlo, si vergognava tremendamente, improvvisamente consapevole di tutte le creature di quel meraviglioso posto, ormai terribilmente corrotto, che lo fissavano con consapevolezza.
Ed ebbe paura, perchè non poteva scappare da quegli sguardi, si scoprì nudo, davanti a loro pian piano, sopraffatto dalla vergogna e dall'ansia panicosa che gli faceva mancare il respirò, soffocò in modo lento e doloroso, cercando disperatamente di evitarlo seppur consapevole dell'inevitabilità del fatto.