domenica 21 dicembre 2008

Come una nuvola...

Come una nuvola solitaria, che fluttua al di sopra dei monti, delle immense verdi distese, visioni di un fantastico tempo nel quale tutti gli uomini vivono spensierati.
Come una nuvola solitaria fluttuavo, non migliore o peggiore di ciò che sorvolavo, non destinato a un destino unico, non privilegiato, né svantaggiato.
Semplicemente fluttuavo ed ero diverso. Diverso da tutti coloro che mi indicavano come insolito, come sbagliato, come menomato di normalità.
Colpevole della colpa più grave di tutte, punito con la solitudine, torturato dal silenzio.
Costantemente in attesa, aleggiavo tra le epoche, continuamente alla ricerca di qualcosa...
La mia anima era deteriorata e più vecchia di qualsiasi altra anima avessi mai incontrato, nonostante la mia giovane età.
La mia essenza riportava ferite e lacerazioni tali, da distruggere qualsiasi altra anima.
Squarciato più e più volte, sempre più vicino alla fine eppure sempre così lontano.
Così non mi restava che attendere e attendere... e io attendevo paziente e insofferente al dolore, poiché il mio spirito era forte. Temprato dall'infinito dolore.
Ma non era sempre stato così.
Un tempo vivevo tra loro, tra tutti quanti gli altri uomini. Avevo relazioni con loro, queste venivano chiamate amicizia e amore e odio e in tantissimi altri modi erano dette.
Il mio intelletto lavorava fervidamente e i pensieri si accavallavano nella mia mente. Le mie emozioni e i miei sentimenti erano profondi, tanto che avrei dato qualsiasi cosa per coloro con cui mi relazionavo.
In cambio ricevevo l'unica cosa che potevo meritarmi. Dovevo essere punito. Ricevevo incomprensione da tutti. Ma non potevo capacitarmene doveva esserci qualcosa che non andava nel mio comportamento. Già allora cominciavo a capire.
Attraversavo la strada dura e faticosa che mi avrebbe portato all'illuminazione.
Un giorno i legami con gli uomini furono talmente forti che spezzarli avrebbe distrutto irrimediabilmente la parte più vicina agli altri del mio spirito.
Era la punizione che meritavo. Fu così e io fui nuovamente punito. Ma la punizione ha un unico scopo. Esso è quello di impartire lezioni e l'unica lezione che può esistere è unica e imprescindibile, non possono esistere lezioni all'infuori di questa. Poiché questa è l'unica verità, l'unica certezza tra tutti i dubbi che riguardano gli uomini.
Ed essa impartisce proprio questa conoscenza. Essa è il verbo, la fiamma che anima tutto quello che ha un contenitore fisico.
L'etere, l'universo non ha nessuna regola, nessuna verità, nessuna falsa conoscenza, nessuna conoscenza. Non esiste il diverso, non esiste il normale, non esiste un pensiero che sappia indicare la via da percorrere.
E per questa mia comprensione fui punito.
Per non portare i paraocchi, per non avere preconcetti, per capire che siamo tutta una coincidenza, un insieme di materia organica che a causa di qualche reazione chimica produce pensieri e ragionamenti.
Gli uomini da tempo si sono dati delle regole, tacite regole che sono presenti ovunque. Molti di loro predicano la libertà della loro anima. Molti sono convinti di essersi tolti i paraocchi di dosso, di essere veramente liberi. Ed è proprio questo concetto che li tradisce. Tutto ciò che avviene in ogni luogo e in ogni tempo non è altro che una coincidenza, il pensiero di un uomo è diverso da quello di un altro uomo semplicemente per coincidenza, perchè in entrambi avvengono processi chimici diversi che portano a risultati diversi. Un uomo può decidere di ucciderne un altro, ma egli non può essere incolpato o non incolpato di questo atto.
Ed è questa libertà ch'io possiedo. Ed è questa la mia infinita colpa. La mia condanna. La comprensione di tutto ciò...
Molte deboli menti non riescono a concepire una esistenza senza scopo e motivo alcuno, frutto di una grandissima coincidenza o combinazione che ha portato a quel risultato piùttosto che ad uno diverso.
Il dilemma unico che è onnipresente nella mia mente però danna il mio intelletto e lacera di inguaribili ferite la mia anima.
Ciò che chiamo libertà, sia chiaro, per puro convenzionalismo, non è affatto il fine ultimo a cui tutti ambiscono. La nostra esistenza non ha scopo alcuno e la libertà dissocia il nostro essere dal nostro volere. Ci separa da tutte le relazioni, ci introduce in una infinita attesa, della quale non si intravede nemmeno con la speranza più ardita la fine.
Una trappola perfetta, senza possibilità di fuga.
E la mia esistenza si riduce a finzione e compromessi.
Poiché sono costretto a convivere con il mio io voglioso di essere prigioniero della stessa gabbia che priva gli uomini della libertà. Voglioso di non capire affatto cosa possa voler dire la consapevolezza dell'inutilità dell'esistenza umana. Del pensiero e dell'intelletto. Prigioniero delle stesse regole e capace di esternare finalmente quegli stessi sentimenti che mi hanno distrutto.
Come una nuvola solitaria che aleggia apparentemente spensierata, apparentemente più vicina all'etere, sono condannato e la mia condanna è la libertà. E sono totalmente prigioniero di essa.

E.Bignardelli



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Come una nuvola... by Emanuele Bignardelli is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.

lunedì 14 aprile 2008

Cambiamenti...

Quei passi, su quel cammino durato così tanto tempo...
Quelle impronte indelebili, lasciate sin dentro i ricordi più reconditi...
Lo sguardo sempre rivolto verso l'orizzonte, così pieno di speranza, spaurito da tutto,che mai si rivolgeva a scrutare i tratti già percorsi, senza alcun timore di oltrepassare quel sottile limite così tanto temuto e desiderato.
L'affannarsi dei minuti, delle ore, trascorse tra un rivolo di sudore e una nota dissonante, così diversa dalle altre lontane, naturali melodie.
Quella scia immortalata dagli avvenimenti della strada percorsa...
L'incessante stanchezza che sempre più, dentro il dolore cresceva...
Un tumulto di emozioni così difficilmente portate con sè su quella strada...
L'inadeguatezza quasi palpabile di quella direzione...
...tutto quel carico che sempre più accresceva la speranza, la sensazione di saper percorrere quella via, quella direzione...
Tutto veniva cumulato e portato dietro, come un fardello, come un inevitabile bagaglio ormai troppo pensate....
Tutto quel caos di sensazioni, emozioni, speranze, paure e inutili realtà...
Finalmente stava per cessare... il cambiamento era alle porte, aspettato, temuto...
Ma inevitabile e terribile...
Una goccia d'inchiostro cadde rovinosamente sulla distesa di bianca cellulosa, che ormai si stava inevitabilmente flettendo, piegata quà e là dalle parole della vita...
Era ormai tutto accaduto...
Le vecchie pagine erano state coperte da quelle nuove, e soltanto un flebile ricalco delle parole incise nella carta era rimasto...
Una nuova immensa distesa bianca, pura e colma di infinite direzioni era nata...
Un nuova pagina stava per essere scritta...



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giovedì 10 aprile 2008

Uno sprazzo di speranza...

Il rivestimento tra i mattoni cominciava a dare i primi segni di cedimento...
Più su il cemento sembrava incrinarsi... Il vento era aumentato e la pioggia stava cessando.
Ecco che le nuvole pian piano si facevano da parte, per dar spazio al sole... Una forza così potente, e così sottovalutata...
Si distingueva, tra le fluide note dello scorrer dell'acqua, qualche allegro cinguettio di un solitario pennuto avventuratosi, vorticando su nel cielo...
I primi raggi si facevano strada tra erba e pietre, sin alla costruzione... quasi volessero trafigerla e liberare l'entità al di là del blocco...
Il vento cessò d'improvviso... il tempo sembrò fermarsi... persino il solitario volatile faceva silenzio... e un rumore... sempre più vibrante e imponente si faceva strada tra i sentieri di quella calma innaturale, tesa...
Le note cantate dall'acqua erano sempre più forti e rombanti... quell'indeciso raggio di sole era sempre più vicino e più minaccioso...
Il raggio arrivò alla costruzione... e tutto si fermò...
Era il silenzio... l'unico vero silenzio, l' acqua taceva... l'attesa era estenuante... tutto si era calmato, in quel momento di tensione...
Il raggio si mosse... Il rombo dell' acqua tuonò la sua furia... la costruzione cedette e tutto si capovolse, l'impeto del flusso d'acqua era tale da spazzare tutto via dal suo cammino... facendo spazio al suo passo... e coinvolgendo i detriti in una perversa danza... La diga aveva ceduto e il vecchio fiume inaridito era rinato, con più vigore di prima. La morte riviveva e tutto era in un confuso ordine... L'impeto non cessava... invadeva e coinvolgeva tutto eccitando tutti i sensi...
sinchè quel timido raggio cominciò ad arretrare... le nuvole volevano escludere il sole da quel gioco durato sin troppo... senza un giustificato motivo... senza alcun senso... L'acqua cominciava ad esaurirsi..a ridursi ad un flebile, piccolo e timido flusso discontinuo... Dell'allegro pennuto non c'era più traccia... Tutto moriva.. seccava... Il terreno si riempiva di crepe... le piante un tempo così rigogliose appassivano... tutto finiva... il termine di tutto pressava sempre più... stava avendo la meglio...
Quel piccolo, isolato, anfratto di tempo era giunto al termine, aveva avuto pochi attimi di vita...
La fine era arrivata... il buio e la luce non esistevano più... tutto aveva cessato di esistere... Tutto esclusa la disperazione e la consapevolezza del muro lì presente... di quella diga... che in realtà non era mai caduta...
Tutto era finito... spezzato come nulla.

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giovedì 14 febbraio 2008

L' ultimo tramonto...

Era una giornata soleggiata e torrida della più calda estate vista in quella città da lì a dieci anni sicuramente. Il sole all’ orizzonte, colorava pian piano di rosso il lontano mare, corrompendo anche il cielo che ormai era di un arancione pallido. Le nuvole stavano immobili, aspettando di essere nascoste dall’ oscurità che era in agguato, pronta a sostituire il sole, nel compito di far distinguere il giorno dalla notte, la veglia dal riposo. In quel momento, però, tutto ciò non aveva importanza: tutto era in armonioso contrasto, in quel momento il buio e la luce coesistevano, in un’ alleanza di giochi di luce e ombra che si riflettevano sulla terra, modificandone i riflessi e rendendola il luogo più perfetto che si potesse immaginare.

Questo era il tramonto, per il vecchio che abitava sulla collina da cui quella magnifica città era sovrastata.

Ormai non rimaneva altro all’anziano eremita che sempre più velocemente, si avvicinava alla più grande avventura, quella che ormai desiderava più ardentemente, l’ inizio di un’ altra vita, probabilmente, un grande cambiamento comunque, che lo facesse risvegliare da quella esistenza che ormai aveva vissuto per troppo tempo. L’ eremita aveva sempre desiderato morire in un momento come quello, dove non avrebbe potuto aver paura di nulla, tantomeno di qualcosa che sapeva sarebbe dovuto succedere prima o poi. Aveva fatto attendere troppo, l’ inizio di quel momento.

D'altronde sarebbe stato come quando si affermava il pallido regno della luna e giungeva il sonno, da cui non si sarebbe più risvegliato in quella occasione.

Quel momento mai tanto atteso e temuto, era finalmente arrivato, ed il vecchio lo aveva protratto ancora un po’, in modo da poter scorgere per un’ ultima volta quel fantastico panorama.

Quanti altri fantastici tramonti avrebbe visto ancora dopo quel momento ? Tanto valeva godersi sino all’ultimo il suo tramonto ed era certo che fosse solo suo poiché la vita di coloro che sono servi del tempo e che vanno avanti senza una meta ben precisa affrettando il susseguirsi dei giorni e degli anni, non poteva fermarsi un attimo per osservare tutto quello che accadeva. Gli uomini-schiavi, che tanto accelleravano il tempo e che tanto avevano paura di quello che sarebbe successo alla fine. Ma lui non era così, lui si nutriva di quei momenti. Quello sarebbe stato il suo ultimo pasto e sarebbe stato il più affascinante di tutti gli altri. Un pasto colmo di emozioni la quale esistenza era conscia soltanto a lui...

Ed erano quelle emozioni il suo pane, quelle emozioni che dovrebbero dirigere l'esistenza di tutti gli uomini, che annullerebbero vecchiaia e gioventù e che colorerebbero il mondo, come il vecchio aveva colorato quel tramonto...


E. Bignardelli




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L'ultimo tramonto by Emanuele Bignardelli is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.

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